
I RACCONTI DEL FILOCCA: Plenilunio, notte di mistero
Continua il dramma del domicilio coatto e non sappiamo quando finirà: vinciamo l’angoscia che ci prende pensando con tenerezza all’amore.
Non importa se siamo soli, se anche in questa circostanza non abbiamo una persona vicina: l’AMORE è comunque con noi coi suoi misteri, ancor più ora che è imminente il plenilunio di Aprile.
Plenilunio, notte di mistero
Lui guardava.
Camminava attento e non sentiva il rumore dei propri passi, non voci, non fruscìo di foglie sfiorate.
Alberi maestosi incombevano nell`abbagliante chiarore lunare; sembravano misteriose presenze vive: erano essenze o pensieri?
Marco era un po’ impaurito: da un momento all`altro sarebbe risuonata la loro voce, bassa e spaventevole oppure trepidante ed amica?
Gli alberi silenti lo sfioravano con fronde incorporee accarezzando il suo incedere.
Lui guardava… e ascoltava
Lui guardava e ascoltava levarsi una melodia. Prima flebile ed indistinta, poi lieve e chiara, in crescendo.
Li sentiva venire verso di lui danzando. Erano fate diafane dal canto ammaliatore; erano elfi che si avvicinavano con lenti balzi in trasparenza.
Passavano sorridendo attraverso i corpi degli alberi quasi non esistessero e danzavano, cantavano… danzavano… cantavano. Cantavano e non si accorgevano di lui.
“Non mi vedono? O forse non esisto?” si domandò Marco.
Lui guardava, ascoltava… e la vide.
Lui guardava, ascoltava quella dolce melodia e d’un tratto la vide.
Emozione: nel bel mezzo di quella magica processione di veli e volti trasparenti riconobbe Annie.
Si avvicinava portata da una lieve brezza, danzando con le fate e gli elfi, sfiorava il suolo: era della stessa sostanza delle fate?
Come loro era trasparente, avvolta in veli turchini.
Quando fu più vicina lui sentì la sua voce, o così gli parve: una voce sottile, profonda, flautata, una voce molto femminile, una voce sognata; cantava lieve quella dolce melodia, la stessa delle fate.
Il bosco era una festa di luci bianche, le foglie rilucevano di mille riflessi.
La luna scendeva a cascata dalle fronde di quegli alberi che assistevano inteneriti e protettivi.
Marco si fece coraggio e domandò:
– Quando arriverò alla fine del bosco?
– Questo bosco non ha fine.
– Non rivedrò più strade, case, persone? Da quanto sono qui?
– Da sempre… da mai – risposero gli alberi.
– Quanti anni ho?
– Non sappiamo, forse mille, forse nessuno: noi non conosciamo il tempo.
Ormai lei era a pochi passi: Marco non seppe trattenersi e si mise a correre verso di lei per abbracciarla: che importanza avevano strade, case, persone? Che importanza avevano gli anni?
Fuori dal tempo, fuori dallo spazio la raggiunse e la strinse forte.
Fuori dal tempo e fuori dallo spazio Marco strinse forte… il vuoto incorporeo.
La foresta non era più silenziosa: sull’erba umida Marco sentiva lo sdruscìo delle foglie calpestate; ogni tanto abbassava la testa per evitare i rami bassi di quei grandi alberi inanimati che talvolta gli sferzavano il viso.
Si percepiva appena in lontananza l’ululare dei lupi, il monotono ululare dei lupi alla luna.
Marco ora camminava stanco, lentamente: il bosco, freddo e misterioso nella notte fonda, era avvolto da mille impercettibili suoni e pieno di luce bianca.
Marco per un attimo si sentì solo, frammento d’anima in un mondo infinito.
No, non era solo; arrivato alla radura dove il bosco finiva Marco si rese conto che lo spazio era tornato: alzò la testa e vide la misteriosa
apparizione in tutto il suo solenne splendore. Guardò l’orologio: mezzanotte, l’ora delle magie; anche il tempo era tornato.
Luna Amica gli sorrideva e lo invitava all’arcana festa.
Marco non si fece pregare e si tuffò nel mistero. Non tutto era svanito, dissolto: non l’attesa, non il sogno.
PLENILUNIO
Mando ora un bacio alla luna piena
che benevola lo rifletta
e lo adagi dolcemente sulle tue labbra intonse.
Il sortilegio può compiersi
solo in notti serene di plenilunio.
I vecchi raccontano che,
se il bacio non ritorna,
l’Emittente vagola eternamente correndo per boschi,
ululando alla luna,
fin che questa, impietosita,
non lo chiamerà a sé